02 Feb

La figura del Consulente Tecnico di Ufficio (CTU) fu introdotta nel Codice di Procedura Civile (articolo 61) nel 1942 in modo piuttosto generico e da allora non è più stata revisionata in particolare nei termini atti a selezionare la competenza necessaria intesa come capacità professionale ed esperienza sul campo – da notare che nel 1942 il concetto di “malpractice” medica non esisteva ancora!

Su materie complesse come quelle relative alle prestazioni mediche è quanto mai difficile che un giudice prenda decisioni senza che vi sia un parere espresso da un CTU ed infatti la stragrande maggioranza delle sentenze (si parla di valori oscillanti tra l’80 ed il 90%) sono conformi a quanto espresso da tale consulente. Il nuovo codice di Deontologia Medica, approvato il 18 Maggio 2014, è attualmente l’unico documento che abbia previsto che l’opera di valutazione sia effettuata da un Medico Legale e da uno specialista della stessa materia oggetto del contendere (titolo 11, articolo 62). Purtroppo l’esperienza dimostra che raramente cio’ avviene.

Troppo spesso infatti i medici specializzati in branche del sapere medico complesse o di nicchia vengono valutati nel loro operato da specialisti di altre aree come ad esempio i Radiologi dai Chirurghi o dagli Internisti.  Di fatto la scarsa esperienza di alcuni CTU si palesa leggendo consulenze errate scientificamente (come ad esempio le sentenze sui danni da vaccino), scritte in modo insufficiente o con superficialità ai limiti della negligenza.

“Il consulente tecnico d’ufficio è uno degli ausiliari del giudice la cui funzione è tesa ad integrare l’attività di quest’ultimo, sia in quanto può offrire elementi per valutare le risultanze di determinate prove, sia in quanto può offrire elementi diretti di giudizio: proprio per tali motivi è una persona con particolare competenza in un determinato settore, chiamata a esprimere pareri, raccogliere motivazioni, effettuare verifiche, anche se non esercita mai attività decisoria che spetta invece esclusivamente al magistrato.

Pertanto, quando lo ritiene necessario, il giudice può farsi assistere per il compimento di singoli atti o per tutto il processo da uno o più consulenti con particolare competenza tecnica (art. 61 c.p.c.).”

Gli articoli 191 e 201 del codice di procedura civile prevedono le modalità di nomina del consulente: “Il consulente tecnico è nominato, con ordinanza, dal giudice istruttore o dal Collegio su richiesta delle parti ovvero d’ufficio. Nella scelta dei consulenti tecnici d’ufficio il Giudice generalmente si avvale dell’Albo dei periti che è un registro nel quale sono iscritti i nomi delle persone, fornite di particolari competenze professionali e tecniche alle quali il giudice può affidare l’incarico di effettuare perizie utili ai fini del giudizio. L’Albo diviso per categorie, cioè per discipline o gruppo di discipline, deve essere istituito presso ogni Tribunale; è tenuto a cura del Presidente del Tribunale ed è formato da un Comitato tra cui figurano il Presidente dell’Ordine o del Collegio a cui appartiene la categoria di esperti della cui iscrizione si tratta. L’iscrizione all’albo è possibile se sussistono particolari requisiti: competenza tecnica, specchiata condotta morale. L’Albo dei periti, anche se non vincolante per il giudice, costituisce il testo tipico per l’individuazione degli esperti ai quali affidare le indagini specifiche.”

 

Ma chi si iscrive all’albo dei Periti in Tribunale e chi valuta le loro competenze ?

Chi è già impegnato in una attività medica a tempo pieno difficilmente avrà tempo da dedicare all’opera di consulente; inoltre la lunghezza delle e la conseguente possibile lunghezza nei pagamenti non stimolano il consulente ad intraprendere questa attività. Esiste poi la barriera psicologica che fa da freno al fatto che uno specialista cerchi di giudicare un collega analogo specialista… è invece più facile che un medico di una specialità si appresti a giudicare un collega specialista in altro ! Le competenze professionali sono invece valutate da un solo medico rappresentante dell’Ordine dei Medici che solitamente si limita a valutare la specializzazione del futuro consulente (se si è fortunati valuta anche il curriculum) mentre è compito del Magistrato valutare se ci siano carichi pendenti. Detto questo si evince l’esistenza di una difficoltà nel reperire lo specialista della materia in esame ma anche una difficoltà da parte del giudice di poter effettivamente capire se quello che è stato nominato CTU sia effettivamente dotato delle necessarie competenze.

Infine abbiamo una sostanziale mancanza di responsabilità civile o penale del CTU tale da non essere spesso possibile una azione sanzionatoria fatta eccezione ad esempio per le false consulenze. La cosa migliore sarebbe affiancare al compito valutativo dell’Ordine dei Medici una valutazione effettuata anche dalle società scientifiche di riferimento. Le stesse società che dovrebbero poi rivalutare, qualora informate di esisti periziali errati o non supportati da evidenze scientifiche, il giudizio espresso segnalando il nome del consulente all’Ordine per gli eventuali provvedimenti del caso.

Parafrasando il Dr. A.Fileni (uno dei direttori dello Spallanzani di Roma), ispiratore di questo articolo, “L’irresponsabilità e l’impunibilità di chi causa, con il proprio errato operato, procedimenti e spese ai colleghi medici, deve finire !”

Nessun Commento

Post A Comment

Facebook IconYouTube IconTwitter Icon

Send this to a friend